Bokode sfida i codici a barre Quei tre millimetri ci dicono tutto.

Messo a punto dal Mit di Boston un nuovo sistema di lettura digitale automatizzata. Dieci volte più piccolo degli attuali “barcode” e molto più capiente di dati. Unico problema: per ora costa troppo.

Bokode sfida i codici a barre Quei tre millimetri ci dicono tutto
IL CARO vecchio codice a barre sembra avere le ore contate. Quell’enigmatico mix di numeri, linee bianche e nere, presente ormai su qualsiasi prodotto in vendita, potrebbe presto andare in pensione sostituito dal “Bokode”, un innovativo sistema di tagging, minuscolo ed in grado di contenere una maggior quantità di informazione rispetto ai classici “barcodes”.

Il Bokode è una soluzione di lettura digitale automatizzata sviluppata dal Media Lab (centro di ricerca del Massachusetts Institute of Technology) e mostrato al recente al Siggraph 2009, rassegna internazionale in cui vengono presentate le maggiori novità per l’informatica grafica e le tecnologie d’interazione.

All’occhio umano appare come un punto luminoso rosso mentre da un’analisi più ravvicinata è possibile vedere come il sistema sia costituito da un led sul quale sono poste una lente ed un’etichetta non più larga di 3 mm, in grado di memorizzare dati per diversi kilobits. La luce che ne traspare offre livelli di luminosità, diversi per intensità ed angolazione, nei quali viene codificata l’informazione.

Proprio nell’utilizzo della “dimensione angolare” della luce vi è la differenza sostanziale rispetto agli attuali sistemi di codifica delle immagini, che si basano invece sulla scansione digitale o sulla rilevazione della lunghezza d’onda dei flussi luminosi.

Nel Bokode la decodifica dell’informazione è effettuata utilizzando una fotocamera con il focus all’infinito che inquadra il punto luminoso, lo rimette a fuoco, e recupera così l’esatta immagine iniziale dell’etichetta, che dovrà poi essere rielaborata da un software in grado di fornire il dato finale all’utente.

I vantaggi rispetto ai classici codici a barre sono evidenti. Primo fra tutti la riduzione delle dimensioni (da 30mm a 3mm) e la possibilità di memorizzare in ogni etichetta una maggior quantità di informazione.
Associando un Bokode alla confezione di un prodotto alimentare esposto in un supermercato, il cliente potrebbe ricavare non solo il suo prezzo, ma anche – ad esempio – tutti i dati relativi agli ingredienti, al produttore o alla filiera di distribuzione. E ancora: in un museo, inquadrando il Bokode posto sotto ogni singola opera d’arte, saremmo in grado di conoscerne la sua storia, le recensioni, nonché la biografia dell’autore.

In più, rispetto ai codici a barre tradizionali il Bokode è leggibile anche a distanze superiori ai 4 metri (è allo studio un prototipo in grado di arrivare fino a 20 metri) e non è necessario l’utilizzo di scanner speciali. Anche la fotocamera presente su un comune telefonino potrebbe essere in grado di leggerlo.

La soluzione messa a punto dai ricercatori americani non si limita solo al tagging dei prodotti ma rappresenta un sistema teoricamente in grado di rivoluzionare il nostro modo di interagire con il mondo circostante. Per conoscere una persona o ricavare gli orari di apertura di un luogo pubblico come una biblioteca, basterà puntare la fotocamera sul suo Bokode e subito saremo in grado di accedere a tutti i dati che ci interessano.

Interessanti anche gli impieghi attuabili nel campo dei videogame. Ad esempio, inserendo il Bokode all’interno di un joystick (sullo stile di quanto avviene nel Wiimote Nintendo), è possibile tracciare con altissima precisione gli esatti movimenti dell’utente, rendendo ancora più reale l’esperienza di gioco in spazi tridimensionali.

Enormi, infine, le potenzialità nell’ambito della formazione e dell’educazione. Immaginiamo di fornire il joystick Bokode a una classe di alunni e di visualizzare un quiz di verifica sulla superficie di una lavagna luminosa. Gli studenti potranno rispondere simultaneamente alle domande puntando col joystick a quella che ritengono la risposta esatta; gli insegnanti saranno in grado di controllare automaticamente le risposte fornite da ogni singolo alunno filmando con una fotocamera i movimenti dei Bokode presenti nell’aula.

Insomma, un’innovazione che potrebbe facilitarci molte cose. Ma a quando il suo debutto commerciale? I tempi non sono brevi e ad oggi esiste soltanto un prototipo ingegneristico considerando che i costi di costruzione sfiorano i 5 dollari. Tuttavia è allo studio una nuova versione semplificata e più economica in grado di funzionare senza led luminoso. La speranza del Team Medialab è quella di ridurre il costo per singolo pezzo a soli 5 centesimi di dollaro tramite una produzione su larga scala.

La sfida agli attuali codici a barre è comunque stata lanciata e i ricercatori americani sono già alla ricerca di partner in grado di sviluppare in futuro una versione commerciale del Bokode. Un futuro sempre più cibernetico, dove la scansione a distanza di un piccolo tag potrebbe finire col sostituire persino la tradizionale stretta di mano tra due individui. Per conoscersi basterà un minuscolo codice a barre.

(14 agosto 2009)