Sentiment positivo delle aziende vinicole per il 2011

Lo rivela un’inchiesta Vinitaly-Winenews condotta fra le 50 cantine italiane più rappresentative del settore
(AGRA) – Come sarà il 2011 per il vino italiano? La risposta arriva da un’inchiesta Vinitaly-Winenews condotta fra le 50 aziende più rappresentative del made in Italy in bottiglia. Le 50 cantine interpellate hanno chiuso il 2010 con fatturati in crescita dell’8%, un export che corre a due cifre (+14%) ed esprimono un sentiment positivo per il 2011. Le imprese del vino, dunque, ritrovano fiducia e cominciano a non vedere così lontani scenari analoghi a quelli pre-crisi. La chiusura del 2010 ha confermato una ritrovata vitalità commerciale delle aziende del comparto, che hanno registrato (75% del campione) una crescita del proprio fatturato da un minimo del 2% ad un massimo del 25%. A tirare la volata sono decisamente le esportazioni, in crescita per il 90% delle aziende interpellate, con percentuali che vanno dal 3% fino al 50%. Il 15% delle aziende ha dichiarato una stabilità del proprio fatturato nel 2010 e sono relativamente poche (10%) quelle che, invece, hanno visto decrescere gli introiti. Sul fronte dell’export 2010, soltanto il 10% del campione ha rilevato stabile l’andamento delle proprie esportazioni. Le aziende vitivinicole italiane ritrovano fiducia dopo due anni (2008-2009) di contrazione, sia nei fatturati che nella forza penetrativa sui mercati esteri, che tornano oggi a confermare il loro ruolo di principale sbocco commerciale per le nostre etichette.
Il 75% delle aziende dichiara un sentiment abbastanza positivo sull’anno appena cominciato, ulteriormente rinforzato da un 15% che lo prevede positivo, contro un 10% che, invece, lo percepisce ancora negativo. Il 2011 si presenta, quindi, come un anno che potrebbe sancire il definitivo recupero del trend di crescita innescato nel 2007.
L’empasse economica mondiale ha posto di fronte agli imprenditori vitivinicoli criticità decisamente meno gravi di quanto si siano presentate in altri comparti, tanto che, agendo quasi esclusivamente sulla leva dei prezzi, un punto di assestamento è stato trovato abbastanza velocemente. Non senza, peraltro, il lavoro fondamentale e puntuale sul core business ormai sempre più conclamato, i mercati esteri, dove accanto ad una ripresa di quelli storici e più maturi (Usa e Germania su tutti) sono cominciate operazioni interessanti anche sui cosiddetti mercati emergenti (Cina, ma anche Russia ed Estremo Oriente in genere). Si tratta di strategie che necessariamente hanno interessato soprattutto le aziende dal forte “peso economico specifico” e dalle capacità imprenditoriali più sviluppate. Realtà produttive che ancora restano tendenzialmente limitate rispetto al panorama complessivo del mondo vitivinicolo nazionale, caratterizzato da un patrimonio di imprese polverizzato e da fatturati ancora piuttosto deboli. Ma è improprio parlare di una situazione ormai risolta, tanto che gli imprenditori vinicoli non hanno nascosto alcuni “tallone di Achille” che continuano a rappresentare potenziali minacce: al primo posto ci sono le incognite economiche (per il 46%), al secondo la debolezza dei consumi (forse l’unica criticità che rimanda al mercato interno, notoriamente quello più avaro di soddisfazioni, anche grazie ad un clima “neoproibizionista” che di certo non aiuta), ex-aequo con la perdita di competitività internazionale, al terzo (15%) la concorrenza degli altri Paesi produttori. Indicazioni che, evidentemente, rimandano tutte ai possibili problemi che possono generarsi soprattutto nei mercati esteri, come a ribadire ancora una volta che la strada del successo del vino italiano è sempre più misurata da ciò che accade fuori dai confini.